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Crisi d’impresa, modello 231 e adeguati assetti

Il D. Lgs. n. 14 del 12 gennaio 2019 ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.

Discostandosi dalla precedente normativa incentrata sulla risposta sanzionatoria, tale riforma si pone in un’ottica preventiva orientata alla conservazione dell’Impresa.

L’art. 3 del Codice della crisi d’impresa reca disposizioni in materia di adeguatezza delle misure e degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa da parte dell’imprenditore individuale e di quello collettivo.

Il primo deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte. L’imprenditore collettivo deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’art. 2086 c.c. ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative secondo le modalità analiticamente descritte nella medesima norma.

Mutuata dalla consolidata esperienza del d. lgs. 231/2001, il Codice richiama i compliance program, ossia le discipline che incentivano l’impresa a dotarsi di modelli di governance ispirati alle best practice di settore, allo scopo di ottenere una concreta limitazione dei rischi derivanti dallo svolgimento delle proprie attività.

Come il d. lgs. 231/2001 si pone l’obiettivo della prevenzione dei “reati presupposto”, il Codice ha lo scopo di incentivare l’impresa ad adottare sistemi virtuosi per la prevenzione dello stato di insolvenza. A tal fine, analogamente a quanto accade nell’ambito del d. lgs. 231/2001, il legislatore prevede:

  • l’adozione di un assetto organizzativo e di appositi sistemi di segnalazione idonei a contrastare il rischio d’insolvenza e a far emergere tempestivamente situazioni di allarme;
  • l’attribuzione ad organi di controllo indipendenti del compito di vigilare sul funzionamento dell’assetto organizzativo e a vagliare eventuali alert relativi allo stato della società;
  • misure premiali per le imprese che abbiano investito nella compliance, approntando adeguati strumenti di prevenzione e segnalazione delle eventuali situazioni di insolvenza.

Tali interventi normativi, che si pongono il comune obiettivo di salvaguardare sotto diversi profili l’integrità di una impresa, sollecitano una riflessione sulla possibilità – se non sull’opportunità – di iniziare a ragionare in ordine alla necessità di una gestione integrata tra i diversi sistemi di compliance.

Sotto tale profilo, si pensi ad esempio come il Modello organizzativo di gestione e controllo ai sensi del D.lgs. n. 231/2001, adottato ai fini della prevenzione dei “reati presupposto”, debba necessariamente prevedere specifiche procedure in materia di gestione dei flussi finanziari, gestione della contabilità e del processo di redazione e approvazione del bilancio di esercizio, oltre che in materia di adempimenti tributari. Procedure che, se predisposte secondo un approccio integrato ai sistemi di compliance, potrebbero risultare altresì idonee alla tempestiva emersione di eventuali situazioni di insolvenza, così come richiesto dal nuovo Codice della Crisi d’Impresa.

In altre parole, le disposizioni del Codice della Crisi rafforzano un approccio ormai consolidato che, superando la visione dell’adozione dei modelli organizzativi ex d. lgs. 231/2001 esclusivamente in chiave di esenzione da responsabilità, inquadra gli stessi come strumenti di previsione e controllo che possono essere ricompresi nel perimetro applicativo di altre norme civilistiche già a partire dalla riforma del diritto societario del 2003.

Lo Studio Legale Vaglini si impegna a fornire una consulenza legale di alta qualità e soluzioni personalizzate, aiutando le Aziende a navigare in un ambiente normativo complesso. 

Ci impegniamo a sviluppare e implementare efficaci sistemi di compliance e Modelli 231, garantendo la conformità legale e promuovendo una gestione aziendale etica.

 
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