Avv. Luigi Federico Vaglini
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Avv. Luigi Federico Vaglini

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Interesse e vantaggio: la Cassazione sui criteri di attribuzione del reato all’ente in materia antinfortunistica

Con l’introduzione del D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 il Legislatore ha scardinato il principio secondo il quale societas delinquere non potest, introducendo la responsabilità da reato delle persone giuridiche. Tale atto normativo è stato più volte criticato per la sua lacunosità. A ciò, tuttavia, hanno e continuano ad ovviare dottrina e giurisprudenza.

I criteri per attribuire l’illecito all’ente sono enunciati nell’art. 5 del D. Lgs.231/2001, stabilendo che questo sia commesso nell’interesse e a vantaggio dell’ente.

L’interesse è elemento caratterizzante della condotta del soggetto agente connotato da una chiara indole soggettiva. Riguarda pertanto la volontà ed è suscettibile di una valutazione ex ante. Indica genericamente una connessione teleologica tra il reato e il risultato che attraverso esso si mira a conseguire. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato che “In tema di responsabilità da reato degli enti, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell’articolo 5 del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 all’«interesse o al vantaggio», sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto il criterio dell’interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile “ex ante”, cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile “ex post”, sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell’illecito”[1].

Il vantaggio invece deve essere riferito ad una valutazione ex post tenendo conto del vantaggio avuto dall’ente. Non è pertanto necessario un fine a favore dell’ente, ma il concretizzarsi del vantaggio derivante dalla condotta illecita.

Recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza della VI sez. pen. n. 15543 del 19/01/2021, ha avuto modo di affermare che “Ai fini della configurabilità della responsabilità da reato degli enti, è sufficiente la prova dell’avvenuto conseguimento di un vantaggio ex art. 5 d.lg. n. 231 del 2001 da parte dell’ente, anche quando non sia possibile determinare l’effettivo interesse da esso vantato ex ante rispetto alla consumazione dell’illecito, purché il reato non sia stato commesso nell’esclusivo interesse del suo autore persona fisica o di terzi. (Fattispecie in cui, a fronte della corruzione intercorsa tra il pubblico agente e l’amministratore di una società interessata all’ampliamento di una discarica dalla medesima gestita, veniva riconosciuto il vantaggio, comportante la responsabilità ex d.lg. n.231 del 2001, anche nei confronti di una terza società che interveniva creando la provvista di denaro in favore del privato corruttore, in tal modo beneficiando – mediante contratti stipulati dopo la consumazione del reato – dell’attività di smaltimento dei rifiuti presso la suddetta discarica)”.

Da ultimo la IV Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22256 del 8/6/2021, ha avuto modo di specificare ulteriormente tali concetti. Il caso vedeva una società essere chiamata a rispondere dell’illecito amministrativo di cui all’art. 25-septies del D.Lgs. n. 231/2001, in relazione al reato di lesioni colpose ex art. 590 c.p., posto che il datore di lavoro, imputato nello stesso procedimento, avrebbe posto in essere la condotta anche nell’interesse e a vantaggio dell’ente di appartenenza. Secondo i giudici del merito doveva ravvisarsi una colpa dell’ente per la mancata valutazione del rischio di infortunio derivante dalle possibili interferenze tra i conducenti dei carrelli elevatori e gli addetti allo scarico del materiale, responsabilità che scaturiva dalla riduzione dei costi per l’attività del consulente per la revisione del DUVRI e dall’aumento della produzione come conseguenza della mancata adozione di apposite cautele. Secondo gli ermellini, nel caso in esame, nella valutazione della sussistenza dell’interesse il giudice del rinvio dovrà tenere conto dei principi secondo cui:

a) ricorre il requisito dell’interesse quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, abbia consapevolmente violato la norma cautelare allo scopo di conseguire una utilità per la persona giuridica e la mancata adozione delle regole antinfortunistiche sia l’esito non di una semplice sottovalutazione dei rischi o di una cattiva considerazione delle misure di prevenzione necessarie ma di una scelta finalisticamente orientata al risparmio sui costi di impresa in materia di prevenzione;

b) l’interesse è un criterio soggettivo il quale rappresenta l’intento del reato di arrecare un beneficio all’ente mediante la commissione del reato, che deve essere accertato mediante una valutazione ex ante essendo del tutto irrilevante che si sia o meno realizzato il profitto sperato;

c) il requisito della commissione del reato nell’interesse dell’ente non richiede la sistematicità delle violazioni antinfortunistiche, essendo ravvisabile anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta ad una iniziativa estemporanea, allorché altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente, in quanto la sistematicità delle violazioni attiene al piano prettamente probatorio.

Per quanto attiene la valutazione della sussistenza del vantaggio dovranno invece applicarsi i principi secondo cui:

a) ricorre il requisito del vantaggio quando la persona fisica, agendo per conto dell’ente, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, abbia sistematicamente violato le norme antinfortunistiche e, dunque, abbia realizzato una politica di impresa disattenta alla materia della sicurezza sul lavoro, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto;

b) il vantaggio è un criterio oggettivo, legato alla effettiva realizzazione di un profitto, di importo non irrisorio, in capo all’ente quale conseguenza della violazione delle regole cautelari antinfortunistiche, il quale deve essere analizzato, a differenza dell’interesse, ex post, senza che sia necessario che il reo abbia volontariamente violato le norme cautelari al fine di risparmiare;

c) il concetto di apprezzamento della consistenza del vantaggio, ovvero dell’importo non irrisorio, è rimesso alla valutazione del giudice di merito, che resta insindacabile ove congruamente ed adeguatamente motivata.

Possiamo affermare, in conclusione, che l’elemento essenziale per il riconoscimento del vantaggio sia non tanto la necessità di rinvenire un collegamento tra l’azione umana e la responsabilità dell’ente tale da rendere questa compatibile con il principio di colpevolezza, ma piuttosto occorre che venga accertata concretamente la scelta aziendale di prevalenza delle esigenze di produzione e profitto a scapito della tutela della salute dei lavoratori. Al fine di poter attribuire l’illecito all’ente occorre quindi che vi sia la prova che l’omessa adozione delle cautele sia il frutto di una scelta volta a risparmiare sui costi d’impresa e che venga provata la sussistenza del vantaggio, esplicabile in un apprezzabile risparmio o in un aumento della produzione.

Avv. Luigi Federico Vaglini

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