Avv. Luigi Federico Vaglini
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Le “clausole 231” tra joint venture, appalti e collaboratori

Nelle best practice per l’implementazione e l’attuazione dei Modelli organizzativi ex D. Lgs. 231/2001 è diffuso il ricorso a clausole, chiamate comunemente “clausole 231”, che hanno l’intento di impegnare la controparte contrattuale all’osservanza dei principi e del sistema complessivo di regole contenute nel Codice Etico e nel Modello Organizzativo 231.

Pertanto, in capo a chi stringe rapporti con un Ente dotato di Mog 231 sorge una duplice obbligazione: una negativa, consistente nel divieto di porre in essere fatti integranti elementi costitutivi di uno dei reati presupposto individuati dal D. Lgs. 231/2001; e una positiva, che si esplica nell’obbligo di dar corso ad adempimenti specifici ed attuare procedure imposte dall’Ente quali misure di prevenzione degli illeciti come, ad esempio, inoltrare flussi informativi periodici che permettano all’Ente di intercettare possibili condotte e fatti che, nell’ambito dell’operatività inter-aziendale, possano portare alla commissione di illeciti che manifestino profili di responsabilità in capo all’Ente.

L’inadempimento di tali obbligazioni prevede specifiche sanzioni, quali possano essere la sospensione dell’esecuzione del contratto, la risoluzione o il recesso, nonché l’applicazione di penali nei confronti delle controparti contrattuali.

Tali clausole rispondono a una funzione preventiva, e rientrano nel novero delle misure organizzative volte alla mitigazione del rischio di commissione dei reati presupposto.

Il risk assessment mira all’individuazione delle aree e dei processi aziendali sui quali insiste il rischio di commissione di taluno dei reati presupposto. Il risultato deve portare ad una mappatura esaustiva e coerente con il contesto operativo, sia esso interno che esterno all’Ente, in grado di evidenziare i profili concreti di possibile consumazione degli illeciti dai quali possa derivare la responsabilità amministrativa.

L’adozione di un sistema di protocolli, regolamentazioni specifiche e meccanismi di controllo estesi anche a soggetti esterni all’Ente deve essere il frutto di una corretta inventariazione dei processi aziendali e analisi dei rischi potenziali.

Ed è per questo che il giudizio di rimproverabilità a carico dell’Ente risiede nella verifica di una corretta ed esaustiva analisi dei rischi e nella conseguente ed efficace predisposizione di sistemi di prevenzione e controllo in grado di mettere a conoscenza l’Ente del verificarsi di fatti, anche ad opera di terzi, integranti gli elementi costitutivi di taluno dei reati presupposto ex D. Lgs. 231/2001.

La corretta predisposizione e applicazione delle c.d. “clausole 231”, che vincolino e che consentano di verificare l’operato di terzi, costituiscono pertanto uno specifico esempio di effettività ed efficacia del modello organizzativo, esprimendo il grado di attuazione anche nei confronti degli stakeholders esterni coinvolti.

Assume pertanto rilevante importanza l’identificazione dei soggetti coinvolti nei processi sensibili, anche se esterni al contesto o all’organizzazione dell’Ente. Tra essi vanno ricompresi i collaboratori esterni e gli altri soggetti che intrattengono rapporti con l’Ente quali partner commerciali, agenti di commercio, appaltatori, subappaltatori e fornitori.

Il Modello potrà essere ritenuto idoneo ed efficacemente attuato, con la conseguente esimente della responsabilità, solamente laddove vi sia prova dell’azione di verifica da parte dell’Ente e della previsione di misure contrattuali nei confronti di tali soggetti volte a contrastare fatti e condotte che possano determinare la consumazione dei reati presupposto.

Tale azione di prevenzione e controllo assume particolare importanza avendo riguardo ai reati colposi, quali quelli previsti in violazione della normativa antinfortunistica. Per poter escludere la responsabilità ex D. Lgs. 231/2001 vi è infatti la necessità di monitorare costantemente l’efficace attuazione ed il rispetto di decisioni, procedure e regole cautelari indicate dai soggetti titolari di posizione di garanzia quali il datore di lavoro, i dirigenti, i preposti, da parte dei sottoposti e dei soggetti esterni per i quali si possano determinare rischi da “interferenza”.

Tuttavia, l’affermazione della responsabilità dell’Ente in relazione al fatto proprio commesso da soggetti terzi presuppone sempre l’accertamento della sussistenza dei requisiti dell’interesse e vantaggio.

L’introduzione di “clausole contrattuali 231” si verifica con particolare frequenza nelle ipotesi di contratti di appalto e subappalto, e di raggruppamenti temporanei di impresa (ATI) ovvero joint venture volte a porre in essere specifici progetti o operazioni commerciali mediante l’apporto specialistico ed il concorso di più soggetti e persone giuridiche.

La costituzione di una associazione temporanea di imprese determina l’instaurazione di una fattispecie contrattuale complessa. Le aziende che vi partecipano conferiscono un mandato di rappresentanza irrevocabile ad una società c.d. “capogruppo-mandataria”. Questa può di fatto rappresentare, per mandato, tutte le altre imprese facenti parte dell’associazione e le sue decisioni producono effetti giuridici direttamente nei confronti di tutte sino al perdurare del vincolo associativo.

La sussistenza di profili di responsabilità ai sensi del D. Lgs. 231/2001 deve essere valutata con riferimento a ciascuno degli enti aderenti, in relazione ai reati commessi a proprio interesse o vantaggio, quale espressione del principio di immedesimazione organica e funzionale dell’autore del reato rispetto all’ente collettivo.

È per tale motivo che il Modello Organizzativo adottato da ciascun ente aderente deve prevedere una puntuale analisi dei profili di rischio concreti derivanti dall’adesione al raggruppamento volontario di imprese, nonché dagli effetti delle interferenze delle condotte poste in essere dagli stakeholders esterni, facenti parte dell’associazione.

Le imprese mandanti dovranno prevedere “clausole 231” specifiche per la capogruppo-mandataria che, dotata dei poteri di rappresentanza, è in grado di produrre effetti giuridici direttamente nella sfera di ciascuna impresa aderente al raggruppamento temporaneo. Alla stregua della mandataria che dovrà presidiare la liceità e la correttezza del comportamento e delle decisioni espresse dalle mandanti, di cui si è resa rappresentante.

L’introduzione di “clausole 231” diviene elemento imprescindibile per un efficace governo del rischio commissione reati presupposto e per conseguire gli effetti esimenti dalla responsabilità previsti dalla normativa.

Analoga importanza è assunta da tali clausole con riferimento ai rapporti di appalto e subappalto, con particolare riguardo ai reati colposi commessi in violazione delle norme antinfortunistiche, nonché ai reati ambientali.

La costituzione di rapporti di appalto o subappalto può determinare possibili interferenze tra i soggetti apicali e subordinanti dei singoli enti coinvolti. Ciò pertanto richiede un processo valutativo che consideri in modo specifico le ipotesi di concorso del reato ed i rischi di commissione di illeciti di cui al D. Lgs. 231/2001 nell’ambito delle attività disciplinate dal contratto.

Con specifico riferimento ai reati di omicidio e lesioni personali, ad esempio, non potrà ritenersi sufficiente un mero richiamo al Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) contenuto nel Modello o, con riferimento ai rapporti con i soggetti esterni all’organizzazione, al Documento di Valutazione dei Rischi da Interferenza (DUVRI).

Sarà invece necessario prevedere specifici strumenti volti a garantire il rispetto delle norme, delle prescrizioni e dei protocolli in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ambiente e nelle altre materie interessate dal rischio di commissione di taluno dei reati presupposto, anche tramite l’inserimento di clausole contrattuali contenenti sanzioni a carico degli stakeholders inadempienti o responsabili del verificarsi di illeciti.

Il tipo ed il contenuto delle “clausole 231” dovranno essere individuati sulla base del rapporto contrattuale che lega l’Ente ad ogni singolo stakeholder, non potendosi procedere ad una loro standardizzazione. Tuttavia, queste possono essere ricondotte a quattro tipologie:

  1. ci sono le clausole volte alla qualifica dello stakeholder esterno, che impegnano il fornitore, subappaltatore o partner all’adozione di un proprio modello organizzativo. Condizione questa che diviene requisito di gradimento per la partecipazione all’associazione o all’affidamento dell’appalto;
  2. le clausole a contenuto precettivo impongono specifici obblighi ai partner, fornitori o gli altri stakeholders quali quello di operare nel rispetto del Codice Etico e del Modello Organizzativo o, ancora, di attuare procedure e istruzioni operative contenute nella parte speciale del sistema preventivo. Queste presuppongono la piena conoscenza da parte del terzo del Modello Organizzativo dell’Ente. Dovrà pertanto consegnarsi copia del Modello, delle procedure o delle parti speciali applicabili delle quali si pretenda l’attuazione;
  3. le clausole a contenuto informativo prevedono una rete di flussi informativi da porre in essere che la controparte contrattuale è tenuta a garantire nei confronti dell’Ente;
  4. le clausole a funzione sanzionatoria o deterrente. Queste possono avere una efficacia sospensiva o risolutiva del contratto al verificarsi di determinate condotte.

La scelta della tipologia di clausole da inserire nel contratto dovrà essere valutata volta per volta tenuto conto dei risultati dell’analisi dei rischi effettuata in relazione alle esigenze del rapporto.

Avv. Luigi Federico Vaglini

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